LETTURA ANTOLOGICA DELLE OPERE DI GIOVANNI ANTONIO ANTOLINI
Fig.11. G.A.Antolini, Progetto per il "Nuovo Borgo" di Faenza 1797, archivio di Stato, Faenza, inchiostro acquerellato. Prospetto mm. 450x640 |
Fig.12. G.A.Antolini, Progetto per il "Nuovo Borgo" di Faenza 1797, archivio di Stato, Faenza, inchiostro acquerellato. Pianta mm. 650x640 |
Fig.13. Progetto dell'arco di trionfo di Faenza 1797, Incisione - mm. 320 x 250, Forlì, Biblioteca Civica |
Nel 1797 la Municipalità di Faenza decretò l'edificazione
fuori Porta Imolese, dove le armate francesi avevano sconfitto quelle di
Pio VI, di un arco di trionfo dedicato alla Nazione Francese e ne affidò
la realizzazione all'Antolini che lo descrisse come un "Arco di Architettura
dorica, maschio, semplice e di uno stile avvicinante ai tempi dé
primi Greci".
I lavori di costruzione durarono quasi tre anni. Ragioni díeconomia
consigliarono dapprima di costruire líarco in due materiali diversi: cotto
per le parti interne, marmo dílstria allíesterno. Ma poi il Municipio,
per le insistenze dellíarchitetto, che nellíagosto ë96 aveva presentato
i progetti al Bonaparte, e anche perchè il monumento ìper corrispondere
allíimmensità del dono della libertà piccolo riuscivaî, decideva
di aumentarlo nelle dimensioni e costruirlo tutto in marmo. Inaugurato
solennemente nel ë99, ìper estendere la fama del monumentoî si provvide
a farlo incidere da Vincenzo Balestra di Roma. Lo scultore Villafranca
aveva dato il bassorilievo dellíattico. Sembrava eterno e invece ebbe vita
brevissima: perché mutato regime e líAustriaco succedendo al Francese,
líarco fu la prima vittima politica che scontò il conto: e senza
tante discussioni, fu demolito. Ritornati i Francesi, si provvide immediatamente
a ricostruirlo, sia pur con qualche economia di materiale (cotto e marmo,
stavolta, ma in compenso più grande e decorato).
Fra i bassorilievi aggiuntivi, quello celebrativo della battaglia di
Marengo. Il Gen. Monnier, comandante la I Div. dell'Ala destra dell'Armata
d'Italia, ordinò che la spesa doveva essere sopportata dai membri
del Municipio ìaristocratico e vandalicoî che aveva dato mano al piccone,
e cioè dai conti Antonio e Lodovico Severoli, Zaccaria Lama, Battista
Cantoni, Vincenzo Boschi, Giov. Tassinari, Ottavio Ferniani e Antonio Emiliani;
più, Giuseppe Maria Emiliani, noto libellista antifrancese, il conte
Carlo Bianchi che aveva parodiato il carme inaugurale, e il prete Andrea
Zanoni, ìil più scelerato prete che esiste in tutto il Dipartimentoî
del quale non si dimenticavano tutte le ìprodezzeî: come l'aver accompagnato
con insulti, proprio sulla spianata dove sorgeva il monumento, i gen. Pino
e Monnier quando con la guarnigione uscirono da Faenza, l'aver inspirato
la petizione per la demolizione dell'Arco e dettato molte delle epigrafi
latine. in odio della Francia, che erano state murate sulle torri della
città e del contado.
A ricostruire il monumento, il gen. Monnier richiamava, naturalmente,
l'A.
Fig.14. G.A.Antolini, Progetto per la villa "La Rotonda" di Faenza 1798-1805. Inchiostro acquerellato; mm. 355 x 460. Biblioteca A.Bertarelli. Si tratta, molto probabilmente, di una delle copie del progetto originale dell'Antolini del 1798 che Giacomo Albertolli fece copiare dai suoi allievi per farne omaggio ad Antonio Diedo, che ne fece oggetto di attento studio a testimonianza della notorietà raggiunta, fin dagli ultimi anni del Settecento, dal neoclassicismo di estrazione archeologica antoliniano.) |
Fig.15. G.A.Antolini, Tempio sacro allíimmortalità di Canova. Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, Bologna |
Fig. 16. G.A.Antolini, Tempio sacro alla immortalità di Canova. Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, Bologna |
Fig. 17. G.A.Antolini, Tempio sacro alla immortalità di Canova. Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, Bologna |
A seguito dell'incarico per la costruzione dell'arco di trionfo del
1797 la Municipalità di Faenza incaricò l'Antolini di una
sistemazione di tutta la zona fino all'arco fuori Porta Imolese.
L'architetto propose una espansione della città con due schiere
di abitazioni affrontate, instaurando così una dicotomia con la
città formatasi nella storia, con la quale rifiuta ogni rapporto,
che prelude al più ampio progetto del Foro Bonaparte di Milano.
L' 11 gennaio 1798 la quattrocentesca chiesa di S. Stefano di Faenza
venne sconsacrata e acquisita ai "Beni Nazionali". Immediatamente dopo
fu trasformata in sede del locale Circolo Costituzionale in osservanza
al decreto napoleonico che ne prescriveva l'apertura in ogni città
della Repubblica Cispadana. L'Antolini fece decorare la sala con i nuovi
emblemi rivoluzionari. Fu questa un'opera di cosmesi edilizia che, oltre
a soddisfare le contingenti necessità funzionali e di propaganda
ideologica, tradisce, sul piano formale, un tentativo di romanizzazione
della tipologia quattrocentesca istituendo così un filo rosso tra
antichità romana, classicismo rinascimentale e classicismo rivoluzionario
settecentesco.
I temi di arcaismo compositivo e di archeologismo differenziano la tipologia
della villa La Rotonda, realizzata con qualche variante rispetto al progetto
originale, da tutta una serie di variazioni sul tema del corpo cilindrico
aggettante dal fabbricato già patrimonio della cultura architettonica
europea settecentesca: da Robert Adam a Ledoux, da Giuseppe Valadier a
Bélanger e Soufflot.
Troviamo un disegno di progetto dell'Antolini, questa volta utilizzato
per essere messo a confronto con l'opera del contemporaneo Giuseppe Pistocchi.
Si tratta del progetto di una colonna trionfale commemorativa della vittoria
francese di Marengo (1800). A commemorare tale circostanza furono diversi
i progetti presentati, ma qui non interessa tanto chiarire il valore della
competizione, quanto l'occasione che permette di mettere a confronto
le diverse idee e forme utilizzate da due dei partecipanti più prestigiosi.
Testimone che si pone al di sopra delle parti - anche se in realtà
è amico di Antolini - è l'architetto Paolo Barbigli che critica
aspramente le scelte del Pistocchi, in quanto nell'analisi che ne faceva
della immagine polisemantica proposta, individua la riproposizione del
barocco. La sua posizione è polemicamente in netto contrasto a tali
scelte in quanto oppositore, come già Milizia lo era stato, del
barocchismo. Nel contempo viene valuta coerente la scelta formale dell'Antolini
che si attiene al canone neoclassico, che porta a maggior valore il tema
antico della "colonna onorosa" coronata da statua contro, il riproporsi
del Borrominismo, del gotico e delle cineserie. (F.Milizia)
Fig.18. G.A.Antolini, G.Pistocchi, Progetti per il Monumento celebrativo della battaglia di Marengo, 1800 (Disegno, Faenza, Biblioteca Comunale) |
L'opuscolo contiene una descrizione del progetto antoliniano e fornisce indicazioni per superare le difficoltà economiche che si frapponevano alla realizzazione del progetto. Si riporta di seguito il contenuto.
Descrizione generale del Foro Bonaparte
Dopo la demolizione delle fortificazioni della cittadella di Milano
e suo spalto rimane in piedi il caseggiato civile di figura quasi quadrata.
Questo viene circondato a gran distanza da fabbriche pubbliche e private
distribuite sopra ad una periferia di un circolo, ha un diametro di circa
mille braccia francesi. Le fabbriche sono: otto Sale per le assemblee del
popolo, le Terme, la Dogana, il Teatro, la Borsa, il Pantheon, il Museo,
dodici Colonnati con magazzini Botteghe ed abitazioni. Un portico continuo
formato dai suddetti dodici Colonnati e dai Pronai delle fabbriche pubbliche
a cui si uniscono, fa fronte a tutti gli Edifizi, serve di passeggio e
di comodo ai Cittadini. Il Canale Naviglio, che esce dalla Dogana, gira
parallelo ai Portici, quindi si unisca al tratto di Canale medesimo verso
Porta Vercellina.
Si entra nel Foro dalla parte della Città: si esce, dalla parte
verso la Campagna imboccando la strada nuova di Francia pel Sempione.
Modi, e mezzi per l'edificazione del Foro-Bonaparte.
Per prima operazione il Governo fa condurre l'acqua al Foro prendendola
superiormente al Tombone di S. Marco onde averla ad un livello più
alto che sia possibile. Fa quindi escavare il Canale circondario descritto
nella Pianta generale del Foro, lo fa munire di sponde, ponti ed emissari.
Impiega nella manodopera i condannati ai lavori pubblici e la milizia di
guarnigione: e ne' muramenti i materiali che si ritraggono dalla demolizione
della Cittadella.
2. Ordina la costruzione delle nuove mura urbane, e della barriera
ove dovrà aver principio la Strada di Francia pel Sempione.
3. Tracciato il Foro col nuovo canale circondario, e chiusa la Città
colle nuove mura e barriera, fa solcare il perimetro dell'area, che devono
occupare le diverse fabbriche. Invita a fabbricare e dona il suolo.
4. Destinato il suolo delle fabbriche pubbliche e private il Governo
congrega i Capo-Rioni della Città di Milano, fa loro osservare i
disegni delle otto Edicole, Giani, o Compiti con Sale da fabbricarsi per
uso delle assemblee nazionali di Milano, e ne destina una per ogni Rione.
Chiede che ogni Rione si carichi della fabbricazione della sua. Vende a
profitto della nuova edificazione i locali ora inservienti all'uso delle
assemblee; e per il di più necessari a compiere la spesa concerta
e stabilisce con i CapoRioni il modo di ricavarlo da tasse da imporsi.
Rispetto al posto si cava a sorte.
5. Il Bagno pubblico si affitta dal Governo, ed il ricavato serve a
rifondere la spesa, oppure dona il suolo, e l'esenzione del tributo per
i materiali occorrenti a chi a sue spese volesse fabbricarlo a norma del
Disegno approvato.
6. Il Governo a norma del Disegno approvato fa fabbricare per conto
della Finanza la Dogana. E compensata dal tributo delle merci che vi entrano,
e dalla soppressione di altri locali inserventi ad uso di Doganelle.
7. Il Teatro, essendo la scuola della morale, si fabbrica a spese della
Nazione, e in modo tale che gli usi e i comodi presenti si combinino colle
massime della democrazia.
8. La Borsa luogo pubblico dove si radunano le persone addette al commercio,
si assegna alla classe dei negozianti, i quali ne saranno i proprietari
perpetui. Il Governo chiama a se una Deputazione di Mercanti, e con essa
concerta le tasse da imporsi, e le discipline da osservarsi all'oggetto
suddetto.
9. Il Pantheon racchiude le ceneri degli Uomini illustri. La riconoscenza
nazionale lo fa elevare a sue spese.
10. Il Museo può riunire e i prodotti preziosi dell'arte, e
quelli della natura. Si fa a conto della Nazione.
11. I dodici Colonnati che uniscono i quattordici descritti pubblici
Edifizi, sono come essi, egualmente disposti e distribuiti sulla periferia
del Foro, e si chiamano coi nomi dei rispettivi Dipartimenti. Il Governo
spiega l'uso delle parti che sono congiunte ai suddetti Colonnati: questi
hanno di fronte uno spazio inerente al naviglio: i magazzini al piano dello
spiazzo che corrispondono sotto al piano del portico e delle botteghe ecc.:
al piano del portico e di fronte alle colonnate vi sono botteghe: dietro
alle botteghe e sopra alle medesime vi sono abitazioni. Invita i negozianti
ed ogn'altro cittadino a fabbricarseli. Dona il suolo per la fabbrica e
per un giardinetto, ed esenta dal tributo i materiali inservienti alla
fabbricazione sotto regole da destinarsi.
12. L'abitato civile del demolito castello si destina per un pubblico
stabilimento nazionale o della forza armata, o di altro. La Nazione lo
fa riordinare a sue spese.
13. Il Monumento già decretato dalla Legge 5. Messidoro anno
8, scelto in concorso dalla commissione dei Giudici Artisti, ed approvato
dalla Commissione Governativa reclama il suo posto nel Foro Bonaparte per
l'unità e convenienza del soggetto. Egli dunque verrà innalzato
nel mezzo dello spazio che rimane fra le Terme, ed il Fabbricato di mezzo,
e fra questo, e la Dogana si eleverà altro Monumento di simile forma,
ma con diversa rappresentanza analoga alle gesta delle Armate Francesi
in Italia, a tenor della Legge 30. Nevoso anno 9. Dalle basi dell'uno,
e dell'altro di questi Monumenti per commodo ed utilità pubblica
sgorgheranno due Fontane.
14. Partendo dal Foro, e dirigendosi verso la barriera vi saranno da
una parte, e dall'altra magazzini pubblici, che si faranno a spese della
Nazione, la quale per indennizzarsi della spesa, vende quei locali ora
inservienti a questi usi, e risparmia gli affitti che ora dee pagare.
15. Il Governo fa rettificare la strada di Francia pel Sempione, incominciando
dalla barriera e proseguendo fuori di Città pel tratto incirca di
un miglio. Vende la vecchia, che non s'incontra col mezzo del Foro. Per
renderla più amena la fa piantare con quattro fila di alberi.
16. Vi sarà un Architetto, onde diriger l'esecuzione in tutti
i suoi rapporti, il quale potrebbe essere l'Autore del Piano: Corrisponderà
egli direttamente col Governo, anderà d'intelligenza cogl'Ingegneri
militari, rispetto solo alle disposizioni interne dello stabilimento di
mezzo, quando sia destinato al servizio militare, e avrà un'annua
indennizzazione.
17. In termine di un anno si daranno le disposizioni necessarie per
fabbricare. I portici, e quant'altro serve a decorare il Foro sarà
terminato in quattro anni. Fra dieci anni sarà compita tutta l'Opera.
Ecco le mie idee, che uniti ai Disegni rassegno al Comitato Governativo,
ed all'esame degli intendenti.
Il fulcro dell'argomentazione antoliniana consiste in un pedante lavorio di demitizzazione del credito che, ancora nella seconda metà del settecento, Palladio godeva come archeologo e diretto conoscitore dei monumenti antichi. Se questa operazione non ha precedenti nella trattatistica coeva non viene però dall'autore portata alle sue logiche conseguenze come attacco ad ogni principio d'autorità, ricercando poi l'Antolini l'avvallo alle sue argomentazioni nella tradizione vitruviana.
50. Il Tempio di Minerva ad Assisi, sito nella piazza principale del comune di Assisi, costruito in età augustea è stato convertito in tempio cristiano sotto il nome della Madonna della Minerva. Vedasi: Palladio, Il tempio Assisinate Corintio; E.U.A., lemma Assisi: "... Il tempio di Minerva, con pronao esastilo corinzio (ora Santa Maria sopra Minerva o San Filippo Neri, trasformata nel XVI e poi nel XVII sec. da G.Giorgetti), situato su un lato del foro, i cui resti sono visibili sotto la piazza con il 'tribunal' e un'edicola di Castore e Polluce").
Progetto del Foro Bonaparte.
(Disegni per una terza edizione, 1827 Inchiostro acquerellato)
1. Pianta generale - mm. 370 x 260
2. Prospetto generale - mm. 237 x 370
3. Pianta delle sale di Pubblica Istruzione - mm. 263 x 370
4. Spaccato delle sale di Pubblica Istruzione - mm. 369 x 265
5. Pianta della Borsa - mm. 264 x 370
6. Retro e spaccato della Borsa - mm. 367 x 260
7. Pianta della Dogana - mm. 352 x 264
8. Pianta della Dogana - mm. 367 x 264
9. Spaccato della Dogana - mm. 264 x 365
10. Piante del Museo - mm. 265 x 369
11. Sezioni del Museo - mm. 368 x 262
12. Piante del Pantheon - mm. 366 x 369
13. Prospetto e sezione del Pantheon - mm. 370 x 264
14. Pianta delle Terme - mm. 370 x 264
15. Sezioni delle Terme - mm. 266 x 366
16. Facciata del Teatro - mm. 265 x 365
17. Piante del Teatro - mm. 266 x 370
18. Sezioni del Teatro - mm. 368 x 262
19. Pianta colonnato con abitazioni private - mm. 265 x 370
20. Prospetto dell'edificio centrale - mm. 266 x 366
21. Pianta stato di fatto del Castello - mm. 260 x 367
22. Prospetto e piante Caserma - mm. 367 x 262
23. Monumento al Bonaparte -mm. 375 x 256
24. Particolari - mm. 265 x 370
Il 23 giugno 1800 Napoleone Bonaparte, accondiscendendo alla richiesta della cittadinanza di smilitarizzare la zona del Castello Sforzesco, decretò la demolizione delle fortificazioni di Porta Giovia, che erano assurte a simbolo della strenua resistenza austriaca alle truppe francesi. Vari architetti, fra i quali il Canonica, presentarono proposte per la ristrutturazione della zona. Il 26 dicembre l'Antolini presentò al Comitato di Governo della Repubblica Cisalpina un suo progetto per l'area che propose di ribattezzare "Foro Bonaparte". Una commissione fondata da Giacomo Albertolli, Giuseppe Maria Soli, Carlo Barabino, incaricata dal Comitato di Governo, espresse un parere sostanzialmente favorevole sulla proposta antoliniana, affiancando però all'architetto il rivale Canonica. Un decreto emanato il 10 febbraio 1801 dalla Consulta Legislativa della Repubblica Cisalpina sancisce l'incarico all'Antolini e lo stanziamento dei fondi ritenuti necessari. Nella seconda metà del mese di marzo Antolini si reca a Parigi per presentare i disegni al Bonaparte. Di fronte alle insorgenti difficoltà economiche per la realizzazione del grandioso progetto l'Antolini pubblica nell'ottobre l'opuscolo intitolato Piano economico politico del Foro Bonaparte; già all'inizio del 1802 il progetto può ritenersi abbandonato e Bargigli tenta di sostituirsi all'Antolini. Intanto proseguono i lavori di demolizione e di spianamento della piazza. Infine, il 10 settembre 1803 l'architetto riceve dal Ministro degli Affari Interni la comunicazione della sua estromissione dalla direzione dei lavori che viene affidata a Luigi Canonica. Operazione, questa, che l'Antolini stigmatizzerà, nel 1804, con lucido disincanto: "... al Foro Bonaparte alberi e Bazzegole sono stati sostituiti al vasto recinto di colonnati di graniti ed altre fabbriche di pubblica e privata utilità, sotto pretesto di troppa spesa, sono stati sostituiti ed hanno costato il doppio".
L'edizione bodoniana del 1806 delle tavole del Foro Bonaparte è
la seconda curata dall'Antolini che in questa occasione riutilizzò
forse i rami incisi da F. Bonsignore, G. Caniani, F. Albertolli, Mugnon,
F. Antolini, L. Rados, C. Aspari, A. Berioli, benché usati per il
volume in folio stampato a Milano verso il 1802 dai Fratelli Bettalli ed
intitolato Opera di architettura, ossia progetto sul Foro che doveva eseguirsi
in Milano dal professore architetto G. Antolini.
Piano dell'opera
capitoli - carte
Proemio - 3
Geometria pratica I 5
Dei disegni, e prima delle piante II 12
Delle cornici III 14
Dei legnami IV ivi
Delle pietre V 15
Del disegno delle fondamenta VI 16
Del disegno dei sotterranei, e principalmente delle cantine VII 16
Delle diverse muraglie che si esprimono nel disegno VIII 18
Dei bugnati IX ivi
Degli ordini in generale X 19
Dell'ordine attico XI 20
Della sovrapposizione degli ordini XII 21
Dei rapporti di armonia delle parti fra loro, e di questo col tutto
XIII 23
Dei loggiati o portici, degli atrii, delle sale, e delle camere
XIV 24
Delle proporzioni delle camere, e delle regole per determinarle, e
distribuirne le parti XV 27
Delle porte e delle finestre, e delle loro simmetrie nell'esteriore
degli edifici XVI 29
Dei frontespizi XVII 31
Delle fasce, e dei parapetti delle finestre XVIII 32
Dei solai e soffitte delle volte, e degli archi, e dei pavimenti
XIX ivi
Della costruzione dei tetti, e dei cornicioni, che cuoprono, rassicurano
e difendono la fabbrica XX 34
Degli ornamenti XXI 35
Dei cammini XXII 36
Dei luoghi comuni XXIII 37
Dei pozzi e delle cisterne XXIV ivi
Delle piante di diverse scale XXV 38
Dell'uso di piedistalli XXVI 39
Delle varie maniere d'innestare le travi, e di fortificarle XXVII 40