F.Milizia. G.A.Antolini: Il rapporto teoria-rilievo-progetto
Arch. Francesco Maglioccola
Capitolo I
LA TEORIA "SCIENTIFICA" DELL'ARCHITETTURA DALLE FORMULAZIONI DI FRANCESCO
MILIZIA ALLE APPLICAZIONI DI GIOVANNI ANTONIO ANTOLINI
Con la nascita della poetica neoclassica, tra teoria, rilievo e progetto
si istituisce una precisa relazione che porta la composizione architettonica,
e quindi l'architettura, a non essere più fondata - così
come fino a quel momento era stato - su parametri "ideativi". I critici
del '700 propongono la formazione di una teoria dell'architettura definibile
"scientifica" avente carattere sovranazionale; e quindi applicabile universalmente.
In essa l'analisi delle opere architettoniche - attuata attraverso lo studio
diretto dei manufatti, dei relativi autori e filtrata da una coerente preparazione
teorica che si pone in rapporto critico con il passato, in particolare
con la classicità - viene a costituire la base per la costruzione
di una critica e di una didattica architettonica funzionali alla rifondazione
dellíarchitettura ed ai suoi esiti progettuali.
Il trattato
Protagonisti di questa rifondazione sono i trattatisti che, attraverso
le loro opere, stabiliscono la base ìlogicaî sulla quale sviluppare i principi
architettonici. Il trattato, frutto delle loro ricerche, diviene luogo
della sistematizzazione del sapere architettonico; strutturato in modo
tale che tutte le proposizioni in esso contenute derivino le une dalle
altre, viene configurato quale sistema. Un sistema strutturato con un insieme
di elementi ognuno concepito contemporaneamente come parte di un insieme
più complesso, e costituito da parti componenti che permettono la
costruzione di un inventario sistematico dellíarchitettura tale da consentirne
lo studio e la scoperta di eventuali contraddizioni di metodo. Così
si rinnova líesperienza vitruviana, alla quale si attinge dichiaratamente,
a partire dai concetti fondamentali come la nozione di symmetria, intesa
quale accordo fra le parti e di esse con il tutto, una nozione che si può
ritenere di larga massima equivalente allíattuale definizione di struttura.
Architettura e struttura
Líattenzione dei teorici si rivolge verso líarchitettura per analizzarne
soprattutto la struttura compositiva. Conseguenza di tale approccio metodologico
é la scomposizione in parti dellíoggetto architettonico. Uno dei
modi utilizzati per attuare tale scomposizione é quello di porre
in atto líoperazione di semplificazione e riduzione geometrica del
manufatto architettonico e delle sue parti secondo logiche che assumono
suggerimenti dalla tradizione classica e che ne rivitalizzano il linguaggio.
Líinvenzione sostituisce líimitazione
Innanzi tutto, líelogio della critica che si fa spazio rispetto ai
fatti di gusto, conduce allíaffermazione di nuove posizioni in merito alle
metodiche lecite per il fare artistico ed in particolare per quello architettonico.
Tra queste viene dato valore prioritario allíinvenzione rispetto allíimitazione.
Se da un lato, la prassi consolidata del prelievo dal passato della morfologia
precostituita ai fini della produzione del lessico architettonico conduce
allíimitazione, dallíaltro, i nuovi obiettivi di ricerca, affermando nuovi
modi di espressione e di rappresentazione, profilano líinvenzione
come nuova prassi.
Eí possibile, attraverso líopera teorica di Francesco Milizia, ritrovare
la definizione di cosa avessero voluto significare i critici neoclassici
con i termini imitazione ed invenzione. In particolare, attraverso il suo
testo Principi di architettura civile, - che delle opere della sua estesa
produzione ha avuto, grazie anche alle numerose ristampe, una notevole
diffusione - é possibile riassumere non solo il pensiero miliziano,
ma anche tutto lo spirito filosofico che permea un intero periodo storico.
Il motivo con il quale Milizia giustifica líelaborazione di questo
contributo é quello di offrire agli studiosi una definizione della
base di conoscenze capace di risollevare líarchitettura dalla condizione
di degrado nella quale reputava fosse caduta. Il fine che si pone é
quello di istruire sia il tecnico che líappassionato di architettura e
di renderlo capace di produrre la bellezza architettonica.
La bellezza dell'architettura
Questo é il compito primario che egli si propone, in quanto
ritiene che líopera architettonica possa considerarsi perfetta solo se
raggiunge il massimo grado della bellezza e che chiunque si interessi di
architettura debba comunque tendere a questo. Dunque, la direzione verso
la quale ci si dirige é la ricerca delle radici della bellezza dell'architettura.
Per il raggiungimento dell'obiettivo prefissato vengono affrontate tematiche
alquanto diversificate.
Innanzi tutto viene indicata come funzionale la pratica imitativa.
Ma come attuare e quale é líoggetto della imitazione? Qualunque
forma di rappresentazione di un oggetto, avendo una sua base artificiosa,
é di per sè una forma artistica, e contemporaneamente in
quanto da essa derivano prodotti che sono staccati ed autonomi dallíoggetto
stesso, é imitazione.
In quanto a ciò che va imitato, esso deve essere nello stadio
quanto più vicino alla sua origine, senza che sia intervenuto su
di esso alcuna trasformazione artificiale. Eí nella natura che si ritrova
la base pura esente da imitazione, a cui riferirsi per prelevare quegli
elementi sui quali attuare la propria interpretazione artistica.
Eí evidente che essendo líimitazione una pratica demandata allíintelletto,
può attuarsi secondo vari gradi di relazione rispetto allíoriginale
naturale. L'imitazione può essere esplicitata attraverso il prelievo
di elementi segnici dal passato tali da essere riproponibili fedelmente,
rispettandone l'origine, oppure attraverso un modo libero di interpretazione
così da dar luogo ad una nuova poetica. Si può tendere ad
avvicinarsi il più possibile al modello naturale operando con rigore
intellettuale e producendo una copia quanto più si ritenga fedele,
oppure si può andare oltre tale posizione come colui che ì... la
compone, la esagera, líaltera, líabbellisce - che - ne é il poetaî
.
La pratica dellíimitazione viene così ritenuta suscettibile
di continui miglioramenti, ma anche di cadute di qualità .
Proprio nellíimitazione della natura si tenta líanalogia con gli schemi
biologici della vita dellíuomo per perseguire fini scientifici. Lo svolgersi
dellíimitazione presenta, prendendo a modello la vita dellíuomo, diversi
stati di crescita; vi si individua il momento della nascita, cioè
della creazione dell'arte attuata dagli uomini di ingegno prendendo a modello
la natura, il momento dellíinfanzia, in cui presenta caratteri di immaturità
contestualmente ad una fervida attività, il momento del miglioramento,
della maturazione e della massima espressività e produttività;
infine il momento della decadenza, quando líimitazione arriva ad operare
su se stessa, senza creare apporti nuovi. Vengono ancora classificati i
diversi gradi di evoluzione dellíimitazione in relazione allíoperatore.
Chi imita per la prima volta é colui che crea: il suo modello é
esclusivamente un modello naturale al quale direttamente rivolge la sua
attenzione. Líimitazione così viene a coincidere con la creazione.
Chi a sua volta é imitatore di questi, può fare ancora di
più, in quanto può elevare il grado qualitativo raggiunto
precedentemente. Entrambe le condizioni, trovano un punto in comune se
guidate dallíingegno, quale ispiratore della capacità di scelta
e selezione degli archetipi ritenuti migliori, di individuazione di quelli
che si ritengono essere i loro difetti - perché siano eliminati
-, con la possibilità di aggiungere ìle bellezze di propria invenzione
o scelta dovunque ha saputo raccoglierleî .
Seguendo líevolversi razionale dellíimitazione si arriva così
al punto in cui ìÖ la nobiltà, la generosità e la libertà
rendono líimitazione una continua invenzioneî .
L'invenzione architettonica è dunque l'ideazione nuova prodotta
con proprio ingegno, con il carattere di autenticità e non di copia.
Si introduce a questo punto il rilievo quale strumento necessario per
esprimere un giudizio qualitativo sulla invenzione. Líanalisi della composizione
architettonica, attraverso la lettura della combinazione degli ornati,
più o meno elegante e bella; della distribuzione delle parti, più
o meno proporzionata; della comodità più o meno corrispondente
ai fini ai quali è devoluta l'architettura e le sue parti; del rispetto
della solidità, permette líacquisizione di nozioni che si riflettono
nella invenzione-progetto.
Viene ribadita così la necessità di riferirsi ad un modello
architettonico analizzato attraverso líapplicazione della scomposizione
vitruviana in venustas, utilitas e firmitas, che Milizia ridefinisce con
i termini di bellezza, comodità e solidità, cioé di
parametri rispetto ai quali valutare le qualità di una architettura.
All'immaginazione succede l'ideazione, che è ancora immaginazione,
ma che uniforma i propri procedimenti a quelli della ragione .
In virtù delle considerazioni fatte, il progetto, nella formazione
della cultura architettonica, costituisce per Milizia líanello finale di
una catena che, partendo dallo studio delle opere esemplari - necessario
alla formazione del gusto architettonico -porta conseguentemente a quel
... non so qual fuoco d'invenzione che prima non appariva .
Líarchitettura neoclassica, ponendo nuove basi teoriche viene così
man mano a liberarsi da quel presunto rapporto di sudditanza con l'antichità
classica. La complessità e ricchezza dei progetti e delle realizzazioni
scaturiti dalla filosofia neoclassica, fanno si che líimitazione accademica
non si riveli una pedante cultura d'imitazione, volta a prelevare elementi
compositivi da un repertorio di forme e di regole precostituite.
Certo é che il passaggio al nuovo non avviene senza contraddizioni
né senza registrare una diversa posizione basata sulla conciliazione
tra imitazione ed invenzione; il problema principale é quello di
fare dellíarchitettura non più uníarte che segua pedissequamente
una morfologia precostituita, o delle intuizioni semplicistiche, o delle
scelte dettate esclusivamente dal gusto, ma uníarte che elevi queste ultime
a ruolo di razionalità, comprendendo in essa i fattori più
vari, da quelli visivi a quelli emozionali, anticipando i connotati
della attuale definizione del termine razionale.
Líimitazione del modello
Nellíallargare il campo di interesse ad una visione globale dellíarte,
la disciplina architettonica é posta allo stesso livello delle altre
manifestazioni artistiche, come la pittura, la scultura, l'eloquenza, la
poesia e la musica. Comune a queste è líattività di imitazione
di un modello. Tale modello per tutte le arti non può che essere
un modello naturale, ed é esclusivamente alla natura che si rivolge
la propria attenzione per porre in atto la pratica imitativa e quindi líinvenzione.
Nellíarchitettura, non potendo riferirsi ad un modello naturale, ci si
trova necessariamente a derogare da ciò. Nella sua costituzione,
líunico modello da imitare é stato prodotto dallíuomo utilizzando
i modi naturali di costruire al fine di realizzare le abitazioni primitive.
La formalizzazione di tale modello avviene così nella costruzione
della capanna primitiva, ed é da questa dunque che deriva la bellezza
dell'architettura.
Se imitare è rappresentare "tramite artifizi", ci si interroga
su quale sia il mezzo attraverso il quale possa esplicitarsi líimitazione.
L'imitazione può avvenire nei diversi campi artistici individuando
in ognuno di essi il tramite più efficace; nell'eloquenza é
l'articolarsi delle voci, nella musica sono i suoni, nella pittura sono
i colori, nella scultura sono i materiali quali il legno, il marmo, il
metallo ecc. Nell'architettura sono i segni gli elementi minimi costituiti
in un sistema e gestiti attraverso l'uso coordinato dei sistemi di rappresentazione,
dal più semplice al più complesso, quei segni che ne permettono
la comunicabilità.
Quali sono quindi i segni utilizzati nel progetto neoclassico? L'utilizzo
del minor numero possibile di curve, l'uso di tracciati rettilinei, líintroduzione
di palmette e greche nelle decorazioni, sottolineano la purezza formale
dei motivi ornamentali.
Così, dal razionalismo neoclassico deriva l'istanza di purismo
geometrico che si invera nella scelta della regolarità dei corpi
e nell'uso delle forme geometriche pure quali la sfera, il cono, il cilindro
e così via. La casa a sfera di Ledoux o il cenotafio di Newton di
Boullée ne sono un esempio.
La geometria, introdotta ed utilizzata come avallo di razionalità,
diviene regolatrice delle leggi compositive, ed il disegno assume significato
anche quale rappresentazione delle leggi compositive .
La formazione dell'architetto
Altro argomento funzionale alla pratica architettonica é la
formazione dellíarchitetto, al quale viene equiparato - anche se in misura
ridotta - chi non lo é, ma che comunque con lui deve confrontarsi,
per eseguire o per commissionare opere. Punto di partenza dellíoperazione
didattica é offrire la possibilità di acquisire un'idea generale
dell'architettura - la teoria -; a questa é aggiunta poi la capacità
di saper disegnare le cose scelte tra le migliori. Dopo lo studio - il
rilievo - eseguito tramite osservazione con maggiore attenzione delle opere
scelte tra quelle ritenute di maggior pregio, sia antiche che moderne,
ci si può attendere più presto che si può alla invenzione
, ovvero al progetto.
La tecnica del progetto neoclassico
La nascita della tecnologia industriale e la realizzazione di nuovi
mezzi di produzione, modificano la struttura e la finalità dellíarte,
provocando la crisi dellíartigianato.
L'arte neoclassica si serve di tutti i mezzi che la tecnica le offre.
Far corrispondere una precisa forma alla funzione statica porta allo sviluppo
della disciplina della resistenza intrinseca dei materiali, ma anche ad
indicazioni di utilizzo di forme che si sappiano calcolare. Così
ad esempio E. Pini, nel descrivere la forma migliore che rispetti la struttura
statica delle cupole, disconosce l'eccessiva fiducia del fare pratico e
ribadisce la necessità dello studio fondato sui calcoli. Egli suggerisce
di non progettare, né tanto meno realizzare líedificio che non possa
essere calcolato. Per rispondere alle esigenze strutturali, viene indicata
per le cupole - uno dei temi di grande interesse - la forma rotonda a volta
emisferica, con tamburo circolare uguale alla metà del diametro;
sarà esclusa la lanterna, contraria alla fermezza. Anteposto sarà
un portico a 4 o 6 colonne con frontespizio triangolare, l'ordine dorico
o corinzio senza piedistalli. Quindi ecco riproposta la preferenza di disposizione
a Pantheon fondata su ragioni diverse da quelle formali.
Architettura e città
L'architettura - considerata elemento di una parte più complessa
- viene a collocarsi nel sistema urbano.
La città é intesa come entità superiore alla quale
deve riferirsi la realtà dell'architettura e nella quale l'architettura
deve assumere il ruolo di detentrice dei più significativi caratteri
qualitativi. Si allarga dunque líinteresse alla città esistente,
e contemporaneamente viene progettata la città nuova.
Le parti che la costituiscono assumono valore non tanto in sé,
quanto nel rapporto con il loro intorno. In ciò é chiarificatore
il pensiero dellíilluminista Voltaire, quando afferma ìBeaucoup des citoyens
ont construit des édifices magnifiques, mais plus recherchés
pour líintérieur que recomandables par des dehors dans le grand
goût, et qui sotisfont le luxe des particuliers encore plus quíils
níembellissent la villeî .
Esemplificativi di tali posizioni teoriche sono i progetti ed i piani
promossi a Milano dal governo napoleonico che trovano un riscontro teorico/pratico
nellíopera del Foro Bonaparte curata da G. A. Antolini.
Il progettista emiliano aderisce a pieno alla situazione di rivolgimento
in atto. Nel suo progetto, partendo da uníidea-forza di carattere
generale, esprime la prefigurazione di uníintera parte di città
affermandola come fatto compiuto. Tale é questa incisività
che il realizzarsi nelle idee, ancor prima che nei fatti, porta ad imporre
líidea anche nel piano napoleonico di Milano redatto dalla commissione
díornato nel 1807 (e nella carta ad esso funzionale disegnata da Pinchetti),
quale realtà topografica tale da condizionare la pianificazione
successiva della città. Così alla pianta del Foro Bonaparte,
riprodotta sulla planimetria della città di Milano, leggermente
diversa dallíoriginario progetto di Antolini, viene data molta importanza,
rilevabile anche dalla estesa didascalia ad essa associata.
Il rilievo quale tramite per la verifica del rapporto teoria/prassi
Nel rapporto tra teoria e pratica, cioè tra regole dell'architettura
- modello mentale - e architettura costruita -modello desunto dagli esempi
concreti -, si inserisce quale elemento di verifica il rilievo finalizzato
alla conoscenza degli esempi di valore emblematico. La scelta del campione
esemplificativo che possa essere utile allo scopo preposto, avviene in
relazione alla teoria, istituendo una significativa relazione tra gli esempi
scelti e la teoria che guida tale scelta. La teoria guida le procedure
di rilevamento: così il rilievo del passato viene svolto per confronto,
analizzando non solo un monumento di per sé, ma nelle relazioni
con altri similari. Esso assume così un ruolo paradigmatico - di
esempio rispetto ad altri - e diviene parte rispetto ad un tutto, e rispetto
ad altri monumenti. Gli edifici così vengono analizzati e quindi
classificati, onde poterne discernere quelli reputati migliori. Líindagine
così impostata si configura come analisi complessa che tiene conto
sia della forme che delle relazioni secondo le quali queste vengono a comporsi.
In ciò un ruolo fondamentale svolge la capacità critica di
chi conduce líanalisi, in quanto deve essere tale da evidenziare pregi
e difetti delle opere, senza privilegiare, in fase di raccolta dei dati,
né gli uni né gli altri.
La scelta dei modelli da valutare è diacronica. Eí necessario
indagare in tutti i tempi ed in tutte le aree geografiche onde richiamare,
attraverso il confronto, ulteriori stimoli al progetto. Líopera di riferimento
non necessariamente appartiene allo stesso genere, né allo stesso
periodo storico, né allo stesso ambito geografico dellíopera da
analizzare, così da far assumere allíanalisi un carattere sovranazionale
puntando al confronto globale dellíintera gamma di produzioni architettoniche.
La nascita di nuove tipologie.
La cultura neoclassica esprime la sua creatività attraverso
la nascita della tipologia di nuovi edifici pubblici affrontando i grandi
temi di architettura sociale. Gli effetti delle teorie architettoniche
illuministiche fanno sì che si generi una produzione edilizia molto
diffusa, capace di rispondere alle nuove esigenze che vedono quali utenti
le classi sociali che richiedono soluzioni ripetibili ed esemplari , riservando
il ruolo di episodio eccezionale e preminente alle realizzazioni
per il rapporto reciproco tra le parti e per líarticolazione organizzata
in una unità architettonico/linguistica. Ciò, corrispondendo
ad un preciso atto di volontà e non come esito di incapacità
professionali, fa si che l'edificio/monumento lasci il posto all'edificio/sociale.
L'architettura al servizio e nel rispetto delle istanze sociali, ricerca
soluzioni che possano inverarsi in tempi brevi, con economia e con decoro,
ma soprattutto in maniera corretta.
In tal modo la città viene ad essere nella sua struttura un
organismo complesso e articolato che pone nuovi interrogativi ai quali
bisogna dare risposte quanto più adatte a ridurne la complessità.
Uno dei settori in cui si esplicita con maggiore forza tale tendenza,
e sul quale si possono fare utili considerazioni, è la definizione
dello spazio teatrale. In pochi decenni vengono creati ex novo o riformati
un numero considerevole di teatri. Confrontando le soluzioni volumetriche
e quelle di facciata di tali esempi si può notare come le forme
prelevate dal mondo classico siano state riutilizzate per rivelare le virtù
degli spazi racchiusi e contemporaneamente assegnare a tale tipologia un
ruolo preciso nel contesto urbano, e non per appiattire, nascondere o rendere
ovvia e convenzionale tale istituzione sociale. Il teatro diviene riconoscibile
grazie ad un numero limitato di elementi convenzionali. Lo stesso Milizia
interviene nel dibattito proponendo una riforma dellíistituzione culturale
che fosse strutturale e morale, affinché il teatro fosse ìapertoî
alla gente comune che, esclusa nel sociale, non aveva allora diritto a
presenziare agli spettacoli migliori. Egli auspica un teatro che derivasse
la sua morfologia da quello antico, contrariamente a quello in uso assimilabile
Öad un vastissimo pozzo, la cui aja è rigata di gente assente allo
spettacolo, che si affolla tutto intorno in palchetti, o meglio "cellette",
ove "è annicchiata una donna circondata da un ronzio d'uomini ornati
tutti di telescopi" .
La relazione tra rilievo e progetto.
La costruzione della nuova teoria si fonda sullo studio dei rapporti
esistenti tra rilievo e progetto. L'architetto introduce un chiarimento
di rapporti, di scelte di valori, e formula in sintesi uníoperazione di
analisi approfondita fin nei minimi dettagli. Il rilievo viene a tradursi
in progetto man mano che esso diviene "scientifico" e porta líarchitetto
a fare precise scelte sulla realtà.
G.A.Antolini, si muove in sincronia con tale tendenza ed applica nella
costruzione del progetto e nelle relative scelte i nuovi valori. Nel rilievo,
così come nelle scelte del progetto, preleva all'interno di una
serie di elementi conosciuti, ciò che effettivamente può
essere tradotto in funzione, attuando scelte ben precise dettate dal contesto
storico e razionale. Nasce così dal contesto la ricerca di una relazione
conseguenziale ìscientificitàî tra rilievo e progetto, per cui questíultimo
si relaziona al momento culturale.
Il contesto storico geografico ed il ruolo della pubblicistica
La Roma di Benedetto XIV, Clemente XIV e Pio VI è il centro
culturale ove avviene l'incontro di numerose personalità tutte intente
ad affrontare il tema della rifondazione dell'architettura, sotto la spinta
innovatrice delle idee illuministiche, che rendevano l'attenzione verso
tale tema non più procrastinabile. Nella città capitolina
confluisce e si esalta il gusto del '700 per l'antico grazie a due fattori:
primo rappresentato dalla materia prima, quali il notevole sviluppo editoriale
con le pubblicazioni di antichità, ed il secondo dato dalle testimonianze
tangibili del passato classico e dalle campagne di scavo che portavano
alla luce la straordinaria ricchezza di reperti archeologici dell'area
romana.
Le pubblicazioni, come le raccolte di incisioni di G.B.Piranesi
amplificano e richiamano l'interesse sul luogo di studiosi, artisti, architetti
e filosofi, sia dal territorio italiano che dalle altre nazioni europee,
che trovano qui, un punto di confluenza per formulare e discutere le loro
idee.
Eí noto che dalla Francia provengono personalità quali Jean-Charles
Delafosse, Francois-Jaques Delannoy, Claude-Nicolas Ledoux, Etienne-Louis
Boullèe, Charles Percier e Pierre-Francois Fontaine, che affiancano
i tedeschi come Winckelmann e gli italiani Lodoli, Algarotti, Memmo, d'Azara,
Cicognara, Canova e Milizia. Tra líaltro, é sicuramente a Roma,
(lo riferisce Cicognara ) che avviene líincontro tra Milizia ed Antolini.
I temi intorno ai quali avviene il dibattito sono il concetto di bello,
bellezza assoluta e bellezza relativa, opera d'arte e pensiero filosofico,
modello naturale della bellezza, imitazione.
Per tutti valga líesempio del modello ideale di bellezza che si vuole
ricostruire fondato sull'armonia delle forme e, come scrive il Winckelmann,
su una "nobile semplicità e quieta grandezza". Con ciò non
si afferma una posizione di irremovibilità, ma una ricerca verso
il dominio delle passioni, così come lo stesso Winckelmann ancora
sottolineava quando ricordava "come la profondità del mare resta
sempre immobile per quanto agitata sia la superficie".
Essere in grado di produrre la "bellezza" architettonica, significa
poi possedere due capacità: quella del saper disegnare e quella
del saper operare con buon gusto. Per impadronirsi del disegno, - quale
composizione e quale tramite tra teoria e prassi architettonica -, é
sufficiente líesperienza di rilievo esercitata su opere scelte tra quelle
reputate migliori, antiche o moderne. Oggetto di indagine, come già
detto, é la loro intima struttura.
Giovanni Antonio Antolini e la rifondazione dell'architettura attraverso
il rilievo del passato
Ci si ispira per l'elaborazione dello stile neoclassico essenzialmente
all'arte greca e romana, anche se non mancano riferimenti a quella egiziana
ed alle culture del mondo orientale in generale. Con ciò non si
assiste a scelte aprioristiche determinate da una metodica comune diffusa,
ma si può dire come venga a generarsi una vera e propria disputa
sul primato dell'una o dell'altra architettura. Ne consegue che, per esempio,
le risultanze di tale disputa possano condurre a scelte ed asserzioni teoriche
alquanto diversificate. Da alcuni personaggi dellíambiente illuministico,
- quali ad esempio il Leroy -, l'architettura romana viene definita in
subordine rispetto a quella greca in quanto da questa derivante. Altri,
come il Piranesi, ritenendo l'architettura greca quale espressione del
lusso e dei capricci ellenici, ad essa prepongono quella romana come maggiormente
rispondente alle necessità pratiche ed alla pubblica utilità.
In particolare Piranesi, così come Milizia che ne é forse
ancora più convinto, adduce quali esempi per suffragare la sua posizione,
la riuscita realizzazione dei manufatti come gli acquedotti, le cloache,
le terme, come esiti della matura civiltà della repubblica romana.
L'argomento é ricco di diversità di vedute, ma ciò
sta a testimoniare la profondità del dibattito, più che una
errata definizione di metodo. La nuova cultura borghese, alla ricerca della
definizione degli strumenti unici e rigorosi per la costituzione della
sua architettura e della sua città, ritiene lecito per raggiungerli
il confronto - anche quando diventa aspro - basato sullo spirito di indagine
e di apporto di chiarezza. L'età classica così non è
più vista come elemento unitario, ma come un insieme composito,
e per la sua indagine si impongono scelte e giudizi critici verso quale
delle sue varie componenti indirizzarsi. Tale scelta, partendo dall'analisi
di tutto l'arco storico dell'esperienza del mondo antico, dall'Egitto a
Roma, si pone così nei confronti della storia secondo un modello
critico e non di continuità. Da tale assunto deriva poi, con il
progredire degli studi, l'inadeguatezza del patrimonio classico ad essere
assunto quale modello unico. Conseguenza é che il neoclassicismo,
nel suo evolversi, si affranca da esso fino a costituirsi sempre più
come un movimento originale, conservando quale fattore predominante il
carattere critico di scelta e di organizzazione.
L'archeologia
L'atteggiamento culturale e artistico conseguente che si diffonde,
tende a ricreare così in primis l'antichità classica in tutta
la sua autenticità. L'arte antica, però, viene sentita e
valutata in modo differente da come era stato fatto nel passato. Ora veniva
ad essere oggetto di una rigorosa teorizzazione e di una erudita ricostruzione
archeologica.
In particolare, aspirando a riproporre la misura e la serenità
classiche attraverso la riproposizione del modello di bellezza ideale,
si ricerca nella semplicità della civiltà arcaica; ed il
modello cercato andava delineandosi man mano che progredivano gli studi,
tra i quali ruolo preponderante assumono le scoperte e gli scavi archeologici,
accanto allíapprofondimento della conoscenza delle opere di architettura
classica ancora esistenti.
Da un lato viene così a costituirsi l'archeologia, scienza tesa
a ricostruire le antiche civiltà ed a dare ad esse un'interpretazione
storica, dall'altro le nuove proposte progettuali, sostanziandosi attraverso
il prelievo ed il confronto con queste, si verificano nel concreto delle
occasioni.
L'architetto neoclassico, così, non si limita alla sola visione
archeologica, ma fa sì che questa risulti una delle componenti necessarie
affinché la produzione del nuovo sia sostanziata, completando il
suo ruolo non solo di archeologo ma di colui che si interessi anche di
problematiche di tipo storico e sociale .
Esemplificativo é il ruolo svolto da G.A.Antolini che diviene
in Italia il sostenitore non solo del gusto neoclassico, in particolare
di quello che é stato poi definito di carattere archeologico, ma
anche delle ispirazioni al funzionalismo ed al razionalismo che avevano
avuto come primo sostenitore Carlo Lodoli poi seguito dal Memmo, dallíAlgarotti
fino al Milizia, e rintracciabile in Francia nell'operato di architetti
illuministi e rivoluzionari, quali E.-L. Boullèe e C.-N.Ledoux.
L'attività teorica di Francesco Milizia.
Francesco Milizia non può essere considerato, alla stregua degli
architetti militanti neoclassici, un tecnico od un personaggio ricco di
esperienze pratiche. Egli arriva ad amare l'architettura quasi per caso,
ma lo spirito di osservazione che lo contraddistingue e l'interesse che
rivolge verso la disciplina architettonica lo portano ad occuparsi di architettura
ed a definirla come la più nobile delle arti. Il critico, il teorico,
lo "scrittore", come lo apostrofa con tono polemico e dissacratorio Ferruccio
Ulivi, il profondo conoscitore della disciplina architettonica, "l'ammasso
di eterogeneo" come egli stesso si definisce, formato negli ambienti borghesi
napoletani e poi romani, - frequenti sono i suoi incontri con líabate Galiani
- si pone in continuità con i dettami delle teorie del Lodoli,
del Memmo e dell'Algarotti che lo avevano preceduto.
Milizia riesce a conquistare un ruolo nella memoria collettiva grazie
ai suoi ragionamenti, riportati nelle numerosissime opere redatte, che
conduce, nei modi più svariati,
fino anche ad utilizzare la forma letterale dei dialoghi. Egli
si rivolge a tutti, sia al lettore comune che al tecnico, esplicitando
tale atteggiamento, attraverso líuso di tutti i mezzi espressivi letterari,
ragionamenti logici, paradossi, ecc. In ciò ponendosi l'obiettivo
di spiegare il rapporto tra le parti degli edifici ed il loro insieme,
tra la funzione e la forma, tra struttura e decorazione. Gli insegnamenti
che ne derivano sono eminentemente lo sviluppo dello spirito di osservazione
e della capacità critica, il giudicare, tesi verso la pratica operativa,
il fare l'architettura.
Nellíambito di tale ricerca, Milizia assume come compito principale,
lo stabilire dei principi, delle regole fisse applicabili in qualunque
situazione. I principi cercati vengono determinati partendo dal presupposto
che la logica sia alla base del possibile sviluppo. Questa lega tra loro
le varie proposizioni e le fa derivare le une dalle altre. Il tipo di posizione
che guida la teoria, però, non risulta avulsa dalle deroghe che
ne possono derivare. Neppure nel ridurre il momento artistico un puro atto
teorico predeterministico. Ponendo attenzione al contesto storico in quel
momento, da un lato cíera la teoria, dallíaltro la tradizione classica
alla quale si appoggiava la fantasia Piranesiana. Per Milizia, che segue
e promuove i principi illuministici, il momento teorico non viene staccato
da quello creativo, anzi egli considera che i due debbano essere legati
fino al punto di tendere alla loro coincidenza. Così la teoria cercata
in campo architettonico, sovraintendendo a qualunque scelta, richiama a
sè sia il rilievo che il progetto che in tal modo non possono inverarsi
senza che ad essa si riferiscano. Così egli scrive ìDiceva un antico
Savio che appartiene al Poeta il far poesie, al Musico il far musica, ma
non appartiene che al Filosofo il parlar bene dell'una o dell'altra. E'
il Filosofo [...] che porta la face della ragione nell'oscurità
dei principj e delle regole; a lui appartiene la legislazione: l'esecuzione
è dell'artista. Meschino Artista, se non è Filosofo, e più
meschino, se non essendolo, non vuole dal Filosofo lasciarsi nè
pur guidareî.
La necessità di redigere un trattato per esplicitare i principi
sui quali fondare una teoria architettonica e utile per riassumere anche
tutta la sua polemica contro la corruzione del gusto introdotta con il
barocco, è sottolineata dall'Antolini nella premessa che questi
scrisse alla terza edizione dei Principi di architettura civile (la prima
delle tre di cui curò la pubblicazione). Così scrive: "Parve
a lui di ravvisarla, nel modo con cui era trattata, ben lontana dal concorrere
a questo fine; anzi la giudicò interamente decaduta dal suo grado
dignitoso, perché veniva ridotta a far pompa di se stessa fra radicali
stravaganze. Concepì quindi il suo nobile pensiero di squarciare
il velo che le toglieva la sua maestà, la ricopriva nelle illusioni
inventate da una falsa apparenza del bello. Conobbe che era mestieri abbattere
gli abusi che avevano assunto l'aspetto di regole, se si voleva richiamar
l'arte ai giusti principi, e renderle il suo decoro" .
L'opera teorica di Francesco Milizia trova così formalizzazione
completa nei Principi di architettura civile, il suo lavoro più
originale ed importante, e quello che può considerarsi uno degli
ultimi trattati, prima che le esigenze del fare architettonico avessero
bisogno della concretezza estrema del manuale.
Nel testo, che preleva dichiaratamente dai modelli precedenti quali
i trattati di Palladio, Serlio e Scamozzi, ma principalmente da quello
di Vitruvio, anche se lo giudica oscuro e imperfetto in alcune parti, auspica
un ritorno dell'architettura alle pure forme classiche. A guidare tale
operazione vengono chiamate la filosofia e la ragione.
Alla base del pensiero miliziano é posta la ragione e qualunque
operazione che veda attivo líuomo deve essere frutto di essa. Nei Principi
così si esprime: ìNon bisogna far cose di cui non si possono rendere
buone ragioniî . Egli applica tale proposizione ovunque, ìEi vuole si rifletta
su tutto, si dia conto di tuttoî .
Sullíarchitettura tra scienza ed arte il ragionamento di Milizia avviene
nel seguente modo . Le società, per soddisfare i loro bisogni, producono
le arti. Quindi le arti originano essenzialmente per rispondere ad esigenze
funzionali ed a necessità primarie. Quando però le società
evolvendosi sentono anche la necessità di associare la bellezza
alle loro arti, producono le belle arti, che svolgono il ruolo di rendere
ìripuliteî le arti nascenti dal bisogno. Nelle belle arti, e qui é
compresa líarchitettura, vengono a riunirsi sia la speculazione - ciò
che contraddistingue le scienze - che la pratica - ciò che contraddistingue
le arti. Líarchitettura così viene ad essere al momento stesso scienza
ed arte.
In Milizia derivare le ragioni della bellezza della forma, dalle radici
e dalle motivazioni che l'hanno prodotta, equivale a ripercorrere gli esempi
per capire quali sono i passaggi che hanno determinato esiti validi.
Il modello naturale viene così utilizzato per chiarire la radice
prima del processo di formalizzazione dell'architettura, valido nellíottica
di porsi a posteriori, nei confronti della nascita e della costituzione
della disciplina architettonica.
Milizia nelle "Memorie" sostiene che l'architettura ha origine
dalle necessità umane e pone come archetipo la capanna primitiva
a cui l'esser rozza conferisce il carattere di rudimentale, ossia di opera
in cui l'uomo non è intervenuto (od il suo intervento è modesto)
sulla trasformazione dei materiali naturali, creando il modello di bellezza
architettonica.
Sul rapporto tra struttura e decorazione il Milizia appare chiaro nel
discernere ciò che riguarda il decoro e le decorazioni. Le decorazioni
gli appaiono come "parassiti intriganti" soprattutto quando sono eccessive.
Nel decoro invece classifica gli ordini, che al tempo stesso rappresentano
l'ossatura della fabbrica, dei quali non si può fare a meno
.
Milizia e la pratica del disegno
A conclusione della prima parte dei Principi, Milizia indica che disegno
e buon gusto sono le qualità richieste per essere in possesso della
"bellezza". Per ciò che riguarda i modi con i quali essa si acquista
derivano dallíanalisi approfondita, "coll'osservare la struttura degli
edifici di ogni specieî.
Nel volumetto Dell'arte di vedere nelle Belle Arti del disegno secondo
i principj di Sulzer e di Mengs (1781), il Milizia ribadisce per l'architettura
le idee enunciate, e spiega il suo pensiero relativamente al raggiungimento
della bellezza. La natura non ci offre nessun individuo bello in tutto
e per tutto, perciò bisogna «scegliere le parti più
belle, combinarle insieme e formare un tutto perfetto»: ecco il bello
ideale, per ottenere il quale occorrono lungo studio e immaginazione. Mengs
e Winckelmann avevano avuto in sostanza una concezione trascendentale della
bellezza, ma nelI'applicazione pratica già Mengs aveva detto che
si doveva scegliere il più bello dalla natura e mettere insieme
le bellezze di più modelli. Milizia parte dallo studio della natura
e chiede che l'artista scelga il meglio secondo la ragione e ci dia una
rappresentazione verosimile secondo la propria concezione, nel che è
implicito il principio di libertà creativa, sia pure entro certi
limiti.
Inoltre nelle pagine conclusive dei Principi - dedicate alle considerazioni
per mantenere líarchitettura sempre più florida - Milizia, affrontando
il tema della educazione dellíarchitetto, indica i modi con i quali questi
possa venire in possesso dell'idea generale dell'architettura. Indica produttivo,
a tal fine, individuare una fase di formazione metodologica di base che
necessariamente preceda la fase operativa pratica, in polemica con quanto
la prassi comune attuava. La capacità critica, così, si acquista
non ìÖ con il mettersi subito a disegnare qualche pezzo, di cui non si
comprende né l'uso, né il fine, né il rapporto, ma
bensì con leggere, rileggere e studiare qualche buon libro che ne
dia una adeguata nozione, e collíesaminare nelle fabbriche quanto é
esposto nel libroî.
Il libro a cui pensava il Milizia, é sicuramente un libro dove
sono essenzialmente le teorie che svolgono il ruolo guida, e non certamente
i grafici illustrativi. Questi ultimi, di ausilio e di conferma dei dettami
teorici, rappresentano un livello di espressione della maturazione delle
prime. Per tale motivo la loro assenza, per esempio, nei PrincipiÖ viene
giustificata da Milizia quando scrive: ìNon rechi ostacolo la mancanza
delle figure. Si sono omesse a bella posta affinché ciascuno se
la faccia da se stesso. In questa operazione egli imparerà più
che se disegnasse venti anni continui in una delle solite scuole. Poche
carte ordinarie di figure architettoniche bastano ad un giovinetto per
acquistare uníidea dellíarchitetturaî .
Giovanni Antonio Antolini si può considerare colui che più
conosceva il pensiero teorico di Milizia. Dell'opera di maggior spessore
teorico e di diffusione del Milizia, l'Antolini aveva redatto le notazioni,
pubblicandole autonomamente prima ed aggiunte al testo nelle edizioni da
lui curate poi. A questo compito l'aveva indotto il fatto che nei Principj
egli rilevava che "non poche idee contenute in quest'opera richiedono più
ampie delucidazioni, per non travederle nel seguirle".
L'opera di Antolini, come commentatore, esegeta ed emendatore di quelli
che a suo dire sono errori od eccessi del Milizia, ha contribuito alla
diffusione ed alla durata nel tempo delle teorie di Milizia. Anche se egli
tenta di formulare una propria proposta teorica nella pubblicazione del
testo Idee elementari di architettura civile, che ebbe un giudizio critico
favorevole in specie nell'ambiente accademico - forse perché adatto
all'insegnamento pratico dell'architettura, non riuscì a rendersi
autonomo dalle idee del maestro. Da un lato il polivalente studioso, di
elevato spessore culturale e fautore del classicismo in architettura; dall'altro
l'accademico impegnato anche in una notevole attività professionale,
teorico, studioso di antichità e presente alle iniziative più
importanti in campo architettonico promosse dai governi dell'epoca, portano
avanti idee comuni. Al di là delle differenti esperienze in campo
architettonico dei due personaggi, rivolte verso la teoria per Milizia,
e verso la pratica progettuale e líesperienza didattica per líAntolini,
in una ottica generale díinsieme si possono tracciare possibili analogie
e differenze. Entrambi fautori della ricerca di un linguaggio universale
dellíarchitettura, nonché di un continuo scambio tra esperienza
teorica e pratica operativa, líuno si prodiga nella ridefinizione di regole
scritte, líaltro tenta il passo verso la realizzazione di opere significative
sotto il profilo dei nuovi stimoli teorici.
L'avversità contro la pratica barocca di eccessivo decorativismo
e la propugnazione del ricorso alla purezza del classicismo; l'utilizzo
della geometria come strumento di razionalizzazione dell'architettura li
accomuna.
Il ricorso allo strumento geometrico, ad esempio, reputato per entrambi
necessario ad attuare un'operazione chiarificatrice, per il Milizia è
usato come tramite per la sua capacità di offrire diverse forme
di comprensione dell'universo e della sua bellezza, mentre per l'Antolini
si riduce, nella pratica operativa, a strumento che permette la costruzione
corretta dell'architettura.
La pratica operativa di G.A.Antolini
G.A.Antolini rappresenta il personaggio in cui é riassunta la
verifica operativa delle premesse della cultura neoclassica italiana, anche
se non é riuscito a pieno a mostrare ì... col fatto il risultato
delle teorieî.
Antolini si pone come obiettivo iniziale il voler mostrare agli studiosi
di architettura le fattezze e le regole degli ordini dorico, ionico e corinzio.
Per tale scopo è esemplificativo quanto egli scrive nelle pagine
iniziali del testo Il tempio di Minerva ad Assisi dedicato allo studio
dell'ordine corinzio. "L'anno 1785 in cui illustrai il tempio di Ercole
nella città di Cori col titolo di ordine Dorico, fin d'allora meditai
a esibire agli studiosi di Architettura civile gli altri due Ordini, Ionico
cioè e Corintio contemplati anch'essi sopra monumenti antichi. Dopo
quasi dieci anni non mi è riuscito di trovare un'architettonica
antichità, che, per i suoi pregi servir mi potesse per l'Ordine
Ionico: ed al contrario non tardò a presentarmisi una Corintia.
Per procedere con regola, dopo aver dato l'ordine robusto, prima di passare
al delicato avrei voluto offrire agli Studiosi la media maniera ma per
non arrestare d'avvantaggio il mio progetto sono costretto di far procedere
al Ionico l'Ordine Corintio" .
L'ordine ionico, quindi, resta escluso nella sua breve raccolta tematica
di rilievi, ma non per questo Antolini rinuncia ad illustrarlo nel testo
a carattere didattico Idee elementari di architettura . Qui egli ribadisce
le sue idee in merito ai concetti fondamentali posti alla base della disciplina
architettonica, quali i concetti di ordine, modello, bellezza, ecc., facendo
dei chiari riferimenti a quanto Milizia aveva già sostenuto. Ad
esempio, l'esaltazione della bellezza architettonica viene sottolineata
quando, analizzando il tempio di Minerva ad Assisi, riprende un concetto
del Milizia ribadendo che "poiché il pregio degli edifizi non consiste
nè gran massi di pietre (come si figura qualcuno che non sà
l'arte di vedere nelle belle arti), molto meno nella folla degli ornamenti
gettati alla rinfusa, ma nelle buone proporzioni, e nella giustezza delle
parti, che abbiano per scopo l'imitazione della natura abbellita dall'arte"
.
Il disegno neoclassico nell'espressione antoliniana.
Mai come in questa epoca e nel rapporto teoria/rilievo/progetto, protagonista
della collaborazione tra Milizia ed Antolini, il disegno viene assunto
nella sua duplice condizione di progetto e di rappresentazione. Coincide
nella formulazione del modello compositivo la produzione di un modello
grafico. In tale modello grafico viene introdotto l'esito del rilievo come
valutazione critica e misura delle più significative opere o parti
di opere del passato. Gli aspetti del rilievo coincidono con quelli del
progetto.
Una volta che l'architetto ha configurato un suo modello mentale, come
aiuto alla sua memoria, e per verificarne gli effetti, lo invera nel disegno,
nello schizzo. Il primo passo verso la concretizzazione e quindi la realizzazione
viene ad essere poi la rappresentazione in pianta. Per raggiungere poi
gli effetti desiderati di suggestione e di suggerimento delle ipotesi ci
si rivolge alla prospettiva. Non é dunque un caso che la prima versione
del progetto per il Foro Bonaparte che l'Antolini si premurò di
presentare a Napoleone per ottenerne l'approvazione, oltre ad un dettagliato
piano economico relativo alle spese per la sua realizzazione, era composto
dalla pianta e dalla visione in prospettiva dellíipotesi progettuale. Operazione
corrispondente ai canoni di razionalità ed essenzialità,
ma che contiene già il segnale di quello che di lì a poco
riuscirà a fare la prospettiva intraprendendo il ruolo di seduttrice,
relegando la pianta in un ruolo marginale. Il disegno architettonico si
caricherà di forza autonoma, spingendosi fino al virtuosismo che
porta alla ìproduzione di grafici stupendi come esecuzione e come rappresentatività
- Valadier, Letarouilly , Choisy - ma anche verso quel grande consumo di
tempo e di energia per la loro esecuzioneî .
Il progetto del Foro Bonaparte
L'esempio migliore per esplicitare quale fosse l'idea dell'architetto
neoclassico tra fine '700 ed inizi '800, per la nuova città è
sicuramente il non realizzato progetto di G.A.Antolini del Foro Bonaparte
nato dai presupposti di una legge del 1801 e pubblicato a Parma nel 1806.
Tale progetto, che rimanda, quanto meno per la similitudine di impianto
alla Salina di Chaux, ideata ed in parte realizzata da Claude-Nicolas Ledoux
tra il 1775 ed il 1779, affronta il tema della riqualificazione di uno
spazio urbano e contemporaneamente risponde alle istanze della nuova borghesia
di nuovi luoghi corrispondenti a nuovi modelli di vita. La città
che ne risultava, nel progetto antoliniano, é modellata dall'idea
di una città in cui la pietra ne segna l'immagine, dove la geometria
ne fa preferire le forme semplici, ed in cui l'interesse viene catturato
dall'esterno e immerso nel vortice della circolarità della piazza.
La vita è qui immaginata il più possibile a contatto dell'aria
e della luce, elementi prelevati dall'antichità ed immessi nella
città di Milano, proiettandola nel clima "mediterraneo" greco. Il
progetto del Foro Bonaparte così diviene esemplificativo della nuova
concezione della struttura urbana, che si invera poi nei programmi urbanistici.
Il concetto di centralità della città nell'ambito del territorio
si formalizza nella creazione di nuovi percorsi che ne permettono il collegamento.
Il completamento, lo sventramento ed il risanamento costituiscono le modalità
di intervento. LíAntolini non é nuovo ad affrontare queste tematiche,
visto il suo impegno nella cittadina di Faenza. A Faenza misura la sua
capacità progettuale urbana, ma tale occasione si risolve ancor
più che pratica esercitazione sulla trasformazione della forma,
come ridefinizione della concezione della città, costituendo il
presupposto per le successive operazioni di gran lunga più incisive.
A Milano, una immensa piazza circolare avrebbe dovuto circondare l'ìedificio
quadrangoloî avanzo delle atterrate fortificazioni sforzesche ìche gli
antichi signori aveano alzato quasi giogo sul popoloî.
L'"edificio quadrangolo" - il castello sforzesco - sarebbe stato rivestito
di marmi e colonnati sì da assomigliare piuttosto a un tempio o
a una basilica. Un canale navigabile avrebbe circondato l'area interna
della piazza permettendo al traffico su barche di procedere per tappe consecutive
dalla Dogana ai magazzini e da questi all'interno della città. Lungo
la circonferenza si sarebbero disposti molti altri edifici di utilità
pubblica: la Borsa; Terme per bagni freddi e caldi; un Teatro semicircolare
alla maniera greca; un museo con moltissimo spazio per le sculture e assai
poco per i dipinti; un "Pantheon" - costruire una chiesa era ormai inconcepibile
- e infine otto edifici, a forma di aule, destinati alla pubblica istruzione.
Tra questi edifici avrebbero trovato posto anche molte abitazioni private.
Gli ingressi della piazza sarebbero stati guardati, alla Barriera del Sempione,
da due posti per gli "uffiziali di Finanza", da due statue di Castore e
Polluce simili a quelle del Quirinale, e infine da due colonne miliarie.
Il volto degli edifici veniva immaginato dall'Antolini severo e solenne,
ricco di superfici ricavate dalla nuda pietra o dal marmo, piane o geometricamente
ricurve, interrotte solo dal disegno netto degli spigoli e dal gioco dei
timpani, dai colonnati dorici, dalle cupole, nicchie, finestre a mezzaluna
e specchi per iscrizioni e bassorilievi. Le note serene erano date dai
viridari e dalle esedre previste per conversare o riposarsi.
Ma se nel paesaggio urbano disegnato dall'Antolini non era previsto
alcun posto per la fabbrica o l'opificio e nemmeno per la bottega artigiana,
ma solo avevano diritto di ospitalità il commercio, l'igiene, le
arti e il pensiero, nemmeno era concesso molto spazio al verde delle piante.
Dominava l'idea nuda di una città di pietra, geometricamente squadrata,
tutta accentrata e chiusa sul grande disco luminoso della piazza. Ogni
prospetto acquistava così un evidente sapore di utopia. Tuttavia
mai era stata sognata con tanta ardita compiutezza la forma urbana di una
"società civile" polemicamente ignara sia di troni che di altari.
Del progetto dell'Antolini ebbe successo pratico solo l'idea di circoscrivere
circolarmente il Castello Sforzesco e nel piano della Commissione del 1807
si tracciò un semicerchio verso il Duomo. L'altra metà del
cerchio fu spostata a nord, a circoscrivere l'Arco del Sempione progettato
dal Cagnola. In mezzo fu posto il verde di un parco. La "natura" aveva
partita vinta sulla fredda esaltazione dell'intelletto .
Analogie della pianta
Il progetto per il Foro Bonaparte é ancora esemplificativo di
un comune denominatore presente nei programmi urbanistici e nelle realizzazioni
edilizie dell'800 in tutta Europa; é l'idea che la città
di questo secolo determina nel suo costruirsi la ridefinizione del centro
urbano esistente aprendolo al territorio circostante. Per fare questo gli
strumenti tecnici sono dati dalla costruzione e dal completamento di nuovi
assi stradali con operazioni di sventramento e risanamento, dalla individuazione
di poli urbani, come idea di completamento della città del 700,
dalla costruzione di manufatti edilizi al servizio della città -
prevalentemente commerciali quali Borsa, Macelli, ecc., e di manufatti
edilizi rappresentativi per il potere e per soddisfare i servizi pubblici.
L'elemento che accomuna le proposte e le realizzazioni urbane operate in
questo periodo é quindi la formazione di una cultura architettonica
ed urbanistica, a cui portano il loro contributo le varie proposte e realizzazioni.
Così le applicazioni danno il loro contributo alla definizione
della teoria; tale apporto di razionalizzazione, si esprime così
con la pubblicazione di una trattatistica rivelatasi molto ampia.
Tra i temi posti al centro dellíinteresse neoclassico é lo sviluppo
del traffico, del movimento che é alla sua base. Con esso cominciano
a stabilirsi più stretti legami tra il territorio circostante e
la città, (nel caso di Milano la città verso la quale si
tende é Parigi), la scala urbana comincia ad espandersi. La civiltà
urbana comincia a superare il limite delle città e mentre si diffonde
sul territorio modifica i suoi caratteri di società finita e conchiusa,
arricchendosi di nuovi interessi ed interessando i non cittadini a nuovi
costumi non più semplicemente campagnoli. La sfera di influenza
delle città si amplia, si tracciano strade larghe e rettilinee che
puntano direttamente all'esterno della città. La carrozza, ad esempio,
anche se usata soltanto da una minoranza é tuttavia fattore importante
nel determinare nuove idee sulla città, in quanto coloro che se
ne servivano potevano esercitare un'influenza decisiva sulla vita, sull'architettura
e sulla concezione della città.
Nella prospettiva redatta da Antolini e che inquadra il Foro Bonaparte
dalla parte della città preesistente, risulta una immagine punteggiata
dalla presenza di numerosi cittadini, - visibile un carro con un carico
di mercanzie, un personaggio a cavallo ed una carrozza che si confondono
tra i primi -, si riflette la luce di queste nuove concezioni. Nell'immagine
che riproduce la vista dal lato opposto della "piazza", la veduta dalla
Barriera del Sempione, la scena é animata da un numero limitato
di persone, mentre domina nettamente verso il centro prospettico una carrozza
trainata da una coppia di cavalli, irti sugli arti posteriori, pronti a
scattare per intraprendere una corsa quasi certamente in direzione di Parigi.
E' da notare ancora che in questa ultima immagine l'edificio posto
a sinistra dell'osservatore, peraltro identico simmetricamente a quello
posto a destra, presenta l'ombra di un manufatto posto alle spalle dellíosservatore,
ma di esso non compaiono tracce nè in questa nè in altre
immagini (come la pianta generale) che diano un segno della sua presenza.
Si potrebbe pensare allíutilizzo del fattore luce da parte di Antolini
in qualità di rimando di qualcosa che influenzi la sua composizione.
Il Fòro
Nelle idee dell'Antolini si può affermare che il Fòro
Bonaparte dovesse diventare un fatto specifico nell'interno stesso della
città, una parte che ne riassumesse il tutto. Con esso viene riproposto
il luogo ove poteva concorrere una moltitudine di gente per il mercato,
o per la trattazione delle cause, o per le assemblee popolari. Il cuore
della vita politica e degli affari, il luogo di convegno dei cittadini
e dei provinciali di passaggio, quello che noi oggi definiremmo essere
il centro direttivo - o direzionale - di una città. Una considerazione
và fatta ancora sulla introduzione dellíedificio delle terme nel
progetto del Foro Bonaparte.
Ad esempio, nella Roma antica più che edifici isolati, le terme
potevano dirsi piccole città che, oltre ad essere fornite di comodi
bagni, erano luogo di ritrovo di gente sfaccendata e gaudente. La struttura
era pressoché uniforme in tutte le realizzazioni. Distributivamente
si componeva di in un vasto salone díingresso riscaldato (tepidarium),
che serviva come luogo di convegno: vi si incontravano gli amici, si chiacchierava,
vi si trattavano affari tra il brusio della gente che entrava e usciva.
Da questa sala chi veniva per bagnarsi passava in una grande piscina a
cielo scoperto, dove faceva il bagno freddo (frigidarium), nuotava, si
tuffava. Coloro che desideravano invece il bagno caldo, andavano in una
apposita sala (calidarium), accanto alla quale c'era anche il bagno a vapore
(laconicum). Intorno all'edificio principale delle terme si aprivano sale
di ritrovo, loggiati al sole, porticati per il passeggio, negozi, giardini,
campi per esercizi ginnici.
Tutti questi ambienti, e le attività che in essi si svolgevano,
vengono riproposti nellíedificio delle Terme nel Foro Bonaparte a Milano,
e fa emergere uno dei tanti anacronismi cui andava incontro Antolini quando
pensava a questa tipologia, in una città più nord europea
che mediterranea.
Ancora è da annoverare líappartenenza di G.A.Antolini allíideologia
massonica con i conseguenti riflessi sulle sue scelte operate sia nel Foro
Bonaparte, che in tutto il complesso delle attività progettuali.
Ad esempio, nella pagina iniziale dell'edizione antoliniana del testo
di Milizia - Principi di Architettura civile -, laddove é indicato
il titolo, l'autore, l'illustratore ed il curatore oltre che l'editore,
é presente il simbolo composto dalla raffigurazione del compasso,
del regolo, della squadra e dell'archipendolo. L'insieme di questi elementi
letti nella terminologia massonica simboleggiano la virtù architettonica
della "Misura".
Il collegamento dellíAntolini allíideologia massonica é sicuramente
frutto dei suoi incontri, avvenuti già in giovane età, con
quelle personalità che promuovono la diffusione in Italia di questo
movimento. Da quando la massoneria era diventata un riferimento per le
idee illuministiche e si configurava come associazione che si poneva scopi
morali relativamente al miglioramento della vita, ci si ritrovava in un
comune intento di raggiungere i principi della fede nel progresso, della
tolleranza, dell'abolizione di ogni distinzione religiosa, nazionale e
sociale. L'utilizzo di numerosi simboli, spesso complicati nella costruzione
e nella comprensione, era espressione dello spirito filosofico che lo animava.
Rammentare il significato, per esempio, del simbolo della squadra che simboleggiava
la rettitudine, può essere utile per riconoscerne líuso da parte
di Antolini.
La Massoneria ebbe nell'Europa, e soprattutto nella Francia del XVIII
secolo, una grande influenza anche politica, come é dimostrato dal
fatto che molti esponenti della rivoluzione francese furono massoni e che
dalla Massoneria la rivoluzione prese in prestito il famoso motto "Libertà,
Uguaglianza, Fraternità". Tutto ciò viene assimilato dall'Antolini
che sviluppa tutti i suoi progetti secondo tale ideologia. Nel Foro Bonaparte
per esempio non trova posto alcun edificio religioso, e l'elemento circolare
è predefinito a svolgere il ruolo unificatore delle parti in esso
contenute.
6. lemma Geometria, Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica.
7. Milizia F., Principi di Architettura civile, Stamperia Jacopo De
Rossi, Finale 1781
8. "Gli inventori hanno troppe difficoltà da sormontare per
non incorrere in errori e in difetti. Le industrie e le scoperte si arrestano
spesso, quando il progresso dovrebbe essere più facile. Ö Che cosa
più facile della stampa, dopo le monete? E gli inventori prendono
il buono ed il cattivo del modello, senza dubitare che abbia bisogno di
rettificazione; credono anzi che tutto sia giustificato dall'autorità
e dall'esempioî. Milizia F., op. cit., p. 7
9. ibid., p. 16
10. ibid., p. 17
11. "Non bisogna far cosa di cui non si possano rendere buone ragioni",
ibid.
12. ibid.
13. Esemplificativa a tal proposito la frase "Vi voglion occhi per
vedere, ed anima per sentire le bellezze delle arti". Milizia F., Trattato
completo formale e materiale del teatro, Stamp. di P. e G.B.Pasquali, in
Venezia, 1794
14. Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, lemma Disegno
architettonico
15. Trad. it.:ìMolti cittadini hanno costruito magnifici edifici, ma
più ricercati allíinterno che non commendevoli per un aspetto esterno
di gusto grandioso, e tali che, piuttosto che abbellire la città,
soddisfano il lusso dei privatiî. François Marie Arouet De Voltaire,
Le siécle de Louis XIV, 1768
16. Rossi A., L'analisi urbana e la progettazione architettonica, Ed.
Clup, Milano 1974
17. ìÖ exempla, ovvero manufatti proponibili nel ruolo di campione,
modello, tipo, esempio, come forma esemplareî. Adriana Baculo Giusti, Napoli
in Assonometria, Electa Napoli, Napoli 1992
18. ìÖ praecipua, ovvero manufatti aventi qualità ricorrenti,
e, quindi, tali da costituire architetture aggettivabili come eccellenti,
straordinarie, singolari, privilegiateî. Op. cit.
19. Milizia F., del teatro, op. cit.
20. Vedasi in particolare le opere Piranesi G.B., Antichità
romane 1756 e Piranesi G.B., Magnificenza ed architettura dei romani 1769
21. Nicodemi G., Il "Rapporto" Cicognara sulle Belle Arti in Italia
durante il Regno Italico, in "Archivio Storico Lombardo", Giornale della
Società Storica Lombarda, fascio I-II, anno XLVIII, serie V, Milano
1921, p. 211-233
22. "La vera tecnica dell'artista è la tecnica del progettare,
tutta l'arte neoclassica è rigorosamente progettata. L'esecuzione
è la traduzione del progetto mediante strumenti operativi che non
sono esclusivi dell'artista, ma fanno parte della cultura e del modo di
vita della società". Argan G.C., Progetto e destino, Milano 1965
23. Ulivi F., Francesco Milizia scrittore, in ìParagoneî, III, n°
31, 1952
24. del Lodoli non sono rimasti né scritti, né disegni,
ma la sua lezione si può ricostruire attraverso le testimonianze
dei contemporanei.
25 vedi Algarotti F., Saggio sopra líarchitettura, Milano 1756
26. vedi Memmo A., Elementi dellíarchitettura lodoliana, ossia líarte
del fabbricare con solidità e con eleganza non capricciosa, Roma
1786
27. Antolini G.A., prefazione a F.Milizia, Principi di architettura
civile, edizione del 1832
28. Milizia esplicita la derivazione delle sue idee da Cicerone, il
quale affermava che l'arte esser non può senza la filosofia, senza
la scienza delle cognizioni intellettuali. Cicerone, Academicae Quaest.,
libro I
29. Milizia F., PrincipiÖ, p.19
30. Masieri L., introduzione al testo PrincipiÖ, ed. del 1847, p. X
31. ìLe arti originano da bisogni naturali, da effetti dellíanimo,
dallíosservazione e dalla imitazione. Dopo aver soddisfatto le necessità
primordiali, líuomo cercò il dilettevole, la sensazione piacevole.
La capanna, inizialmente costruita per mera necessità, a poco a
poco fu modificata perché potesse offrire non solo la sicurezza
e la comodità ma anche il piacere di viverviî. ìTali sono le belle
arti, e tale è l'architettura. Ella è scienza se si restringe
ad esaminare il suo oggetto, le sue proprietà e l'uso che se ne
deve fare nella pratica. Ella diviene arte, qualora discende all'esercizio
o all'esecuzione. Ma arte è un sistema di cognizioni ridotte a regole
positive, invariabili e indipendenti dal capriccio o dall'opinioneî. Milizia
F., op. cit.
32. Milizia F., Le vite dei più celebri architetti d'ogni nazione
e d'ogni tempo, precedute da un saggio sopra l'architettura, opera di Francesco
Milizia edita da Venanzio Monaldini, Stamperia Paolo Giunchi Komarek, Roma
1768
33. "Ö i suoi ordini, quali piuttosto che ornamenti sono realmente
l'ossatura della fabbrica, e parti essenziali di essa. Non deve esserci
un cieco rispetto dell'autorità degli antichi. La semplicità
non consiste nella privazione degli ornati, altrimenti un muro schietto
sarebbe il più bello.î Milizia F., Principi Ö
34. Milizia F., ibid. p. 557
35. Questa espressione é utilizzata da Antolini quando sostanzia
le escursioni che avvenivano con i suoi allievi sui luoghi delle architetture
da loro studiate. G.A.Antolini, Biografia ..., p. 2
36. Antolini G. A., Il tempio di Minerva in Assisi confrontato colle
tavole di Andrea Palladio Architetto di Vicenza, da Giovanni Antolini Architetto,
dedicato al Citt.o Melzi D'eril vice-presidente della repubblica italiana,
Stamperia G.G.Destefanis a S.Zeno, Milano 1803
37. Antolini G. A., Idee elementari di architettura civile per uso
delle scuole di disegno, Tipografia fratelli Masi e comp, Bologna 1813
38. Antolini G. A., op. cit.
39. Cfr. A.di Luggo, P.M.Letarouilly: il disegno tra rilievo e rappresentazione,
Napoli 1995, tesi di dottorato.
40. Cfr. L.Bucci de Santis, LíHistoire de líArchitecture di A.Choisy.
Il disegno come sistematizzazione della storia, Napoli 1995, tesi di dottorato.
41. Vagnetti L., Linguaggio grafico dellíarchitetto oggi, Genova 1965,
p. 20
42. Antolini G. A., Descrizione del Foro Bonaparte, Co tipi Bodoniani,
Parma 1806
43. Maltese C., Storia dell'arte in Italia 1785-1943, Torino 1960,
p. 32