Notizie di Francesco Milizia scritte da lui medesimo con un catalogo delle sue opere, s. l. (ma Bassano), da' torchi Remondiniani, 1804, a cura di Bartolommeo Gamba
Fig. 19. Francesco Milizia, Incisione
«Ciascuno deve scrivere la vita di se stesso continuamente per
sforzarsi sempre di migliorarla e per dare a' posteri memorie facili e
sicure. Su questi principii, io che ho compilato tante vite, scrivo anche
un compendio della mia. La mia patria è Oria, piccola città
di Terra d'Otranto nel regno di Napoli (nacqui nel 1725). Sono stato unico
della più nobile e ricca famiglia di quella bicocca, ed in età
di nove anni fui portato a Padova, dove era balzato un mio zio paterno
per alcuni suoi giovanili errori, e vi faceva il medico. Ivi studiai assai
male le belle lettere, e dopo sette anni fuggii da Padova per alcune riprensioni
di mio zio, e ramingo capitai a Bobbio presso a Piacenza. Di là
feci dare nuove di me ai miei parenti, e dopo d'essere stato a Pavia ed
a Milano, venni a Roma, dove era venuto mio padre, il quale mi condusse
a Napoli, e mi lasciò a studiare in quella capitale. Studiai un
poco di logica e metafisica sotto il celebre ab. Genovesi, e la fisica
e la geometria sotto il p. Orlandi 52
, monaco celestino. Fuggii anche di Napoli per voglia di veder mondo, e
particolarmente la Francia, ma giunto a Livorno mi convenne di tornare
in dietro per mancanza di denaro. Rimpatriai in Oria, dove dopo una lunga
vita neghittosa mi ritirai in una casa di campagna a studiare le scienze.
Finalmente in età di venticinque anni mi maritai in Gallipoli con
una nobile donzella (d. Teresa Muzio) di buona indole, e quivi fissai il
mio soggiorno con qualche applicazione ai libri, ma più all'allegria.
Strappato da mio padre un più comodo assegnamento venni a vedere
Roma con mia moglie, e dopo il soggiorno di un anno e mezzo in questa metropoli,
ritornai a Gallipoli, di dove dopo un anno ritornai insieme con mia moglie
a Roma nel 1761. Qui ho seguitato a studiare, e presi un poco di piacere
per l'architettura, senza sapere neppur disegnare. Innamorato di questa
arte, che reputo tuttavia la più bella e la più utile, scrissi
le Vite degli architetti più celebri 53,
le quali piacquero molto al pubblico, quantunque la mia critica fosse troppo
severa, e il mio stile poco colto». Dopo questo libro tradussi l'articolo
Del salasso dell'Enciclopedia, e detti una tartassata ai medici ed alla
medicina. Compilai poi gli Elementi di matematiche pure secondo l'ab. de
la Caille per mio esercizio in questi studi, e furono stampati in Roma
ad istanza di alcuni amici.
Altre opere poi scrissi, e andrò scrivendo finché vivo.
quel singolare impasto cioè che fa l'interesse di queste e di
altre pagine di Milizia. «Ha egli creduto di aver seguitato i principii
del signor Sulzer e di Mengs, ma in sostanza ei non ha seguitato che gl'impulsi
del suo genio e le lezioni della natura». Nell'edizione francese
De l'art de voir dans les beaux-arts, traduit de l'italien de Milizia,
suivi Des institutions propres à les faire fleurir en France et
D'un état des obiets d'art dont ses musées ont été
enrichis par la guerre de la liberté, par le général
POMMEREUL, Paris, Bernard, an 6 de la République (1798), in una
premessa indirizzata Aux amateurs des arts si diceva che questo libro «publié
à Rome en 1792, il y eut tout le succès possible, c'est à
dire assez qu'il y fut sévèrement proscrit et son auteur
persécuté». E concludeva: «S'il faut des yeux
pour voir et une ame pour sentir, M. Milizia parait avoir été
doué de ces yeux et de cette ame ».
Un trattato Del teatro che fu molto contraddetto in Roma. Quando mi
parve d'essere un poco più avanzato negli studi architettonici scrissi
con una certa bravura gli Elementi di architettura civile che furono ristampati
più volte. La mia Arte di vedere nelle belle arti è un picciolo
libro che fece qualche romore e dispiacque specialmente agli stupidi adoratori
del Buonarroti. Per secondare poi le premure di un amico di alto rango,
il cav. Zulian 54 ambasciatore veneto
presso la S. Sede, intrapresi a scrivere un'opera atta a far conoscere
le bellezze e le deformità di Roma antica e moderna e ne pubblicai
la prima parte col titolo: Roma nelle belle arti del disegno; ma pubblicata
questa bisognò sospendere la seconda e la terza per sottrarsi dalle
persecuzioni de' professori ignoranti. Dopo questa opera mi attaccai allo
studio della storia naturale e molto scrissi sulle piante e sugli animali
senza stampare cosa alcuna, eccettuata l'Introduzione alla storia naturale,
e alla geografia fisica di Spagna di Guglielmo Bowles 55,
della di cui traduzione io mi occupai, e fu poi pubblicata in Parma.
Mi pervenne nelle mani la Storia astronomica antica e moderna del sig.
Bailly 56, e ne feci un Compendio
in un volume in 8vo. L'Enciclopedia metodica mi somministrò i mezzi
di fare un Dizionario portatile delle belle arti del disegno pubblicato
in due volumi a Bassano. L'articolo Della incisione 57
in esso dizionario inserito fu impresso anche separatamente con qualche
ampliazione. Per aderire alle premure del mio illustre amico e mecenate
delle belle arti S. E. sig. cav. d. Nicola de Azara 58
mi era adoperato molto anche nella compilazione delle opere del cav. Mengs
59. Ora ho compito un Dizionario
di medicina domestica sulle traccie di Guglielmo Buchan medico scozzese,
e se si darà in luce 60 sarà
adattato all'intelligenza di ognuno. Si sta stampando un altro mio opuscolo
Sulla economia pubblica, al quale argomento mi sono dedicato benché
i tempi presenti siano per ciò poco opportuni.
«Nel mio carattere morale e fisico non vi è nulla di singolare
e di straordinario; voglio delinearlo e nol so fare. Quanto mi fanno ridere
quei caratteri che si fanno degli altri con tanta eleganza! Io per quanto
studio a conoscermi non mi conosco e pretenderò conoscere gli altri
per alcuni loro tratti superficiali e spesso contrari al loro interno?
Io sono caldo, collerico, superbo, e nel tempo stesso modesto, benigno,
sofferente. Sono coraggioso, di grandi idee, libero da pregiudizi, flessibile
alle altrui ragioni, amante della novità, e di buon criterio; di
mediocre penetrazione, poco riflessivo, poco attento, avido d'imparare,
laborioso, compassionevole, buon amico, galantuomo. Sempre lontano dalla
millanteria sono umile senza abiezione, son generoso, severo, tranquillo,
ho in odio ogni specie di vendetta, e sono anzi benefico, studioso ed applicato
a varie cose che stimo le più utili. Le mie opere, il mio discorso,
mi han procacciato la riputazione di dotto, ma io conosco di non esserlo;
sono un ammasso di eterogeneo».
Fig.20. Frontespizio del DizionarioÖ di Milizia F.
Ecco tutto ciò che ha lasciato scritto di se stesso il sig. Francesco
Milizia in un foglio autografo trovato casualmente fra suoi libri. Quanto
non è lineato in margine (cioè quanto non è fra virgolette)
è stato supplito da un suo amico, secondo le frasi colle quali famigliarmente
parlava delle sue opere. Nel 1798, quando Roma era nel disordine, egli
viveva tranquillamente nel suo gabinetto, dove sorpreso da un reuma, che
presto si cangiò in polmonia, cessò di vivere nel mese di
marzo 1798, compianto dagli amici, dai professori ed amatori delle belle
arti.
52. Giuseppe Orlando (1712-1776) studiò a Sulmona
matematiche e filosofia sotto Celestino Galiani. Fu poi a Roma e nel 1740
venne nominato professore di fisica all'Università di Napoli. Nel
1753 divenne vescovo di Giovinazzo.
53. Vi si legge, ad esempio, a pp. 44-5: «A
Roma è accaduto, e non di rado, che siensi imbrunite e pitture e
sculture per averne voluto coprire le nudità con panni, credendo
osceno tutto ciò che non è coperto. Questa strambalatezza
è stata ultimamente praticata in una delle più ragguardevoli
gallerie. Se ne maravigliò molto un eccelso viaggiatore, il quale
quando sentì che il papa l'avea condannata e non l'avea impedita,
disse:óI sovrani non debbono mai usar dispotismo che per conservar floride
le belle arti.óDetto memorando del Conte del Nord, cioè del gran
duca di Russia Paolo Petrowiz ». O ancora, a p. 46 troviamo, sempre
in nota, un vigoroso abbozzo delle idee estetiche di Milizia: «Un
oggetto bello ha da eccitare in noi attività ». A p. 66, in
nota, sta un'altra dichiarazione d'indipendenza di Milizia: «Nelle
corti non si respira che adulazione detestata da ognuno e da ognuno respirata,
anche da filosofi se metton piè in corte ». Una lunga nota
chiudeva il capitolo sulla pittura in questa edizione (pp. 87-90) dove
si negava, sostanzialmente, il valore delle scuole pittoriche e l'efficacia
vera dei maestri sugli allievi e si discuteva dei rapporti possibili tra
l'arte e il clima dei paesi dove essa fioriva (soprattutto l'Italia). A
p. 96 si polemizzava vigorosamente contro ogni possibile fasto e sontuosità:
«E quando mai la ricchezza è stata sommo della bellezza?».
Una nota a p. 108 diceva tutta la sua delusione sull'opera stessa della
sua vita, il tentativo cioè di reintrodurre in Roma i moduli antichi:
«Si è voluto rimettere l'architettura greca e n'è uscita
un'architettura che è tanto greca quanto il papa è arconte.
Almeno la gotica avea il suo carattere: la nostra non ne ha veruno, non
è né gotica, né cinese e molto meno greca; è
capriccio, in cui gli artisti si scapricciano».
quel singolare impasto cioè che fa l'interesse di queste e di
altre pagine di Milizia. «Ha egli creduto di aver seguitato i principii
del signor Sulzer e di Mengs, ma in sostanza ei non ha seguitato che gl'impulsi
del suo genio e le lezioni della natura». Nell'edizione francese
De l'art de voir dans les beaux-arts, traduit de l'italien de Milizia,
suivi Des institutions propres à les faire fleurir en France et
D'un état des obiets d'art dont ses musées ont été
enrichis par la guerre de la liberté, par le général
POMMEREUL, Paris, Bernard, an 6 de la République (1798), in una
premessa indirizzata Aux amateurs des arts si diceva che questo libro «publié
à Rome en 1792, il y eut tout le succès possible, c'est à
dire assez qu'il y fut sévèrement proscrit et son auteur
persécuté». E concludeva: «S'il faut des yeux
pour voir et une ame pour sentir, M. Milizia parait avoir été
doué de ces yeux et de cette ame ».
54. Girolamo Zulian (1730-1795), uomo politico e mecenate
veneziano. Savio agli Ordini e di Terraferma, fu con Alvise Emo e Lodovico
Flangini uno dei Correttori eletti nel 1774, fece poi parte del Consiglio
dei Dieci, e divenne anche Savio del Consiglio. Conobbe a Roma il giovane
Canova, che aiutò e ospitò con larga generosità. Fu
più tardi ricambiato dall'artista con la statua di Psiche, oggi
a Monaco. Fu membro della massoneria veneziana ed anzi ad una sua disattenzione
taluni imputarono la scoperta della loggia veneziana del 1785. Partito
proprio nel novembre di quell'anno per la Turchia, non ebbe però
a soffrire alcun danno. Tornato nel 1788 dall'ambasciata progettò
di restaurare la dimora di Petrarca ad Arquà, ma tutto si risolse
poi in nulla. Cfr. a Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, Carteggio Canoviano,
1, 2, 13; II, 190; Xll, 1238, e ibid., Epistolario Gamba, XIVB 10. Nell'Archivio
di Stato di Venezia, Senato, Dispacci Costantinopoli, filze 225-8 e 231
e Dispacci Roma, filze 295-8 (rispettivamente dal 1785 al 1788 e dal 1779
al 1783). Sulla sua appartenenza alla massoneria, cfr. Rodolfo Gallo, La
Libera Muratoria a Venezia, in «Archivio veneto», serie v,
voll. LX-LXI (1957), pp. 56-60, 66-8. 9. Roma delle [sic] belle arti del
disegno. Parte prima. Dell'architettura civile, Bassano, Remondini, 1787.
55. Introduzione alla storia naturale e alla geografia
fisica di Spagna di Guglielmo Bowles, pubblicata dal cav. don Giuseppe
d'Azara e tradotta da Francesco Milizia, Parma, Stamperia reale, 1783,
in due volumi.
56. Si tratta dell'opera La storia dellíastronomia
di M. Bailly ridotta in compendio da Francesco Milizia, Bassano, Remondini,
1791. Particolarmente interessante la conclusione di quest'opera, intitolata
Progressi futuri dell'astronomia. Vi leggiamo, nel II, p. 286: ... Questo
libro dovea dall'autore esser dedicato a don Diego d'Avalos, principe di
Montesarchio, probo, urbano, intelligente, di gusto puro, amatissimo da
tutti. Prima di terminarsi questa edizione egli è improvvisamente
morto di 25 anni in Napoli, addì 11 agosto 1797. Vive continuamente
per esempio de' pari suoi».
57. Della incisione delle stampe, Bassano 1797.
58. José Nicolas de Azara (1730-1804), diplomatico
e uomo politico spagnolo. Agente generale (1765) e poi ministro plenipotenziario
(1785) della Spagna a Roma, dove ebbe notevole influenza nelle vicende
politiche e religiose dei pontificati di Clemente XIV e Pio Vl. Fu poi,
a partire dal 1798, ambasciatore a Parigi.
59. Anton Raphael Mengs (1728-1779), pittore venuto
a Roma nel 1741 e, dopo un breve soggiorno a Dresda, tornatovi nel 1746,
si convertì al cattolicesimo, sposò una romana e divenne
il più tipico esponente dell'arte del ěbello idealeî.
60. Il testo non fu mai pubblicato. Bartolommeo Gamba,
a p. XVI di queste medesime Notizie, ci dice di aver visto questa versione
«preceduta da una lunga e spiritosa prefazione. Il manoscritto è
di pagine circa 800 ed ha avuto l'ultima mano»